mercoledì 31 dicembre 2008

Uno strudel e la letterina all'Anno Nuovo



Caro Anno Nuovo,
lo so, stai ricevendo in queste ore di fuoco miriadi di suppliche e richieste.
Forse non è il momento giusto per aggiungermi alla processione di postulanti, potrei chiederti udienza diciamo verso aprile così le acque si saranno un po’ calmate e tu saresti forse più disponibile ad ascoltarmi.
Ma…..aprile è lontano.
Non posso aspettare quattro mesi.
Fai uno sforzino e ascoltami quindi per qualche secondo.
Non ti ruberò alla fin fine molto tempo.
Ho vissuto un anno pesante.
Un anno di consapevolezze, sia brutte che belle.
Ho scoperto quanto può essere lacerante l’indifferenza ed il silenzio di chi ami da quando sei nata e quanto possa ferire il capire che tutto quello che vorresti ancora è solo un semplice bacio in fronte come quando da bambina gli correvi incontro all’uscita di scuola.
Ho capito che nella vita si può fare a meno di tutto tranne che del proprio passato e presente e che il futuro è una promessa, un sogno ma non una certezza.
Ho capito che dire addio ad una presenza silenziosa che da diciassette anni c’era senza chiedere niente più di quello che le potevo dare, e non era molto, è un dolore che ti rimarrà sempre dentro.
Ma ho scoperto anche che un sorriso ed una manina nella mia e una vocetta che parla a raffica, facendo le mille e una domanda, valgono molto ma molto di più di mille altre cose.
Che un abbraccio ad un’ amica vale più di mille parole.
Che svegliarsi di notte con il cuore freddo per il tempo che passa non ha importanza se nella stanza accanto dorme qualcuno che un giorno guarderà suo figlio per cercargli nel volto qualche somiglianza con me.
Vorrei che tu, caro 2009, mi portassi serenità e ancora consapevolezze, solo quelle belle però, quelle che ti fanno sorridere col cuore, quelle che ti fanno cantare stupide canzonette mentre fai le pulizie, quelle che ti fanno fotografare un fiore che sbuca dalla neve, quelle che ti fanno urlare a squarciagola per una partita di minibasket di pulcini di nove anni.
Quelle che non ti può togliere nessuno perché sono solo tue.
Non chiedo troppo.
E questo è il dolce giusto per chiudere l’anno delle disillusioni.
Un dolce che tanto tempo fa da bambina cercai di imparare a fare perché piaceva moltissimo ad una persona importante nella mia vita.

Strudel poverissimo

per la sfoglia:
200 gr farina 00
50 gr zucchero semolato (se lo si preferisce più leggero, lo zucchero si può omettere)
4 cucchiaio olio extravergine
acqua tiepida q.b

per la farcitura:
200 gr uvetta passa
1 kg di mele
cannella in polvere
zucchero semolato
burro

per la lucidatura:
tuorlo d'uovo
latte

Si impasta la farina, l'olio, lo zucchero e tanta acqua tiepida quanto serve per ottenere un impasto morbido ed elastico.
Si lascia riposare per almeno una mezzoretta avvolto nella pellicola.
Nel frattempo si fa rinvenire l'uvetta passita in acqua tiepida e poi si scola bene asciungandola con della carta assorbente.
Si stende con il mattarello su un piano infarinato e poi su uno strofinaccio infarinato la pasta in un tondo molto ma molto sottile, quasi trasparente da intravedere la trama dello strofinaccio.
Questo impasto si presta molto bene ad essere lavorato senza stracciarsi perchè è molto elastico.
Una volta steso l'impasto allora si tagliano velocemente le mele a fettine sottili e si stendono sulla sfoglia in maniera uniforme.
Poi le uvette, poi una spolverata di zucchero, una spolverata di cannella in polvere e qualche fiocchetto di burro (se ne può fare a meno, questo è uno strudel povero...).
Si inizia poi ad arrotolare, aiutandosi con lo strofinaccio, piegando prima i bordi laterali per evitare che fuoriesca il ripieno, bagnando con un poco di albume i bordi così attaccano bene.
Alla fine si ripiega l'ultimo lembo a chiudere il rotolo e spennellando l'albume per incollare i lembi.
Sempre aiutandosi con lo strofinaccio, trasferire il rotolo in una teglia capiente dai bordi bassi (la leccarda è perfetta) foderata di carta forno.
Si spennella con il tuorlo sbattuto con poco latte tutta la superficie dello strudel e poi si spolvera con poco zucchero semolato.
Si inforna in forno già caldo a 180° per circa un'oretta.
Quando è completamente freddo, si taglia a fette spesse due, tre centimetri e si serve spolverato di zucchero a velo con accompagnamento di crema inglese alla cannella.

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martedì 30 dicembre 2008

Quando l'approccio scientifico è fallace: Risotto alla parmigiana con riduzione al barbera



Mi dico, e mi sorprendo mentre mi parlo: e se provassi a fare una bella riduzione di vino?
Tanto lo so che mi rispondo di si.
Sono un interlocutrice assolutamente disponibile specie con me stessa.
Per l’invero, non ho assolutamente idea di corsa farci poi.
E’ un po’ come un ingrediente raro o esotico che vedi su uno scaffale di negozio: che fai, non lo compri? Ma si, non si mai….
E, quindi, come si fa senza riduzione, anzi senza “La Riduzione”?
E già le papille gustative iniziano a rimboccarsi le maniche, così a freddo, solo per l’idea che una cosa Misteriosa sta per essere svelata.
C’è da precisare che le mie papille sono alquanto frivole e poco scientifiche: si gasano anche solo all’idea di qualcosa, che poi mi piaccia o meno, bazzecole, sottigliezze irrilevanti….
Mi applico, l’approccio scientifico ha preso ormai ineluttabilmente inizio: le rotelline girano senza sosta, mi documento, giro sul web, prendo appunti.
Estrapolo i concetti fondamentali: il vino deve essere di ottima qualità, si deve ridurre di parecchio, deve essere aromatizzato con spezie varie, la consistenza finale è sciropposa, si può conservare quasi ad libitum…
Brava Serena, vai che stai andando alla grande, mi auto faccio una pacca sulla spalla di compiacimento…
Con l’occhio un po’ perso esamino lo scaffale con le bottiglie allineate: sarà meglio questo oppure…
Decido: Barbera.
Si, andiamo proprio sul pesante.
Se qualcuno mi chiederà un giorno che fine abbia mai fatto “quella” bottiglia di Barbera tanto amorevolmente da Lui conservata sul Suo scaffale, beh mentirò, fingendo grande sorpresa e assoluta innocenza.
Il fine giustifica i mezzi.
In guerra come in amore tutto è lecito.
Basta, ho finito i luoghi comuni applicabili al caso.
Torno in cucina.
Stappo, verso in un tegame.
Spezie poche ma significative: pepe di setchuan e due pizzichi di noce moscata. Tre cucchiai di miele, un millefiori non millesimato; ohimè, da quando a Parigi ho mancato per un soffio il miele di brughiera, tutto mi sembra più vacuo ma mi faccio forza e cerco di andare avanti anche senza il miele di brughiera.
Pentola. Accendo. Aspetto.
Mi siedo al tavolo, così da potergli gettare ogni tanto un’occhiata materna.
Passano le ore.
Dopo due ore “La Riduzione” si è ridotta di molto ma di consistenza sciropposa neanche a parlarne.
C’è qualcosa che non va.
Il mio istinto di Artefice nonché di Approcciatrice Scientifica mi dice che qualcosa non va.
Rivedo gli appunti, ritorno sul web.
Ma sarà che…Ma no, non è possibile…E la verità inizia a farsi strada nella mia mente: il fuoco sotto la pentola andava bello vivace, altro che bassissimo e con lo spargi fiamme..
Le mie certezze di Approcciatrice Scientifica iniziano a vacillare.
In un guizzo di ingegnosità disperata, alzo la fiamma al massimo e il liquido rosso inizia a spumeggiare irriverente.
In un men che non si dica si restringe ancor si più e, finalmente, si sciroppa, non tantissimo ma, insomma, non è male.
Di 750 ml di liquido iniziale sono rimaste praticamente delle goccioline ma vuoi mettere la soddisfazione di avere fatto “La Riduzione”?.......
Il sapore mi piace.
E mi piace ancor di più con del buon risotto alla parmigiana.
Classico, signorile, senza fronzoli.
Un piatto che si porta in ogni stagione.
E la prossima volta tocca agli involtini di trevigiana.
Papille gustative, all'arrembaggio....

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sabato 27 dicembre 2008

Voglia di lavorare saltami addosso: Quiche di speck e zucchine con parmesan crust

Ne avevo già parlato della "parmesan crust" che altri non è che una brisèe fatta con il parmigiano al posto di una parte di farina?
Boh, mi pare di no ma non sono molto affidabile specie dopo questo Natale rilassante e magicamente ovattato.
Forse troppo rilassante e troppo ovattato, ti abbandoni, ti lasci andare e poi il ritorno alla quotidianità è più lacerante.



E' un'ottima alternativa alla brisèe classica per quiche a base di verdure, non la vedo in accompagnamento al pesce.
La ricetta originale l'ho trovata su un sito in inglese con dosi in cup e tablespoon (ovviamente); traducendola, convertendo in grammi e provandola poi un paio di volte questa è la ricetta rielaborata che ne è venuta fuori.

Parmesan Crust
dosi per una teglia diametro 22
100 gr farina
90 gr burro
90 gr parmigiano
3 cucchiai di acqua fredda
1/4 cucchiaino sale
pepe o aromi a piacere (in questa ho messo timo)
Si mette tutto nel cutter e si fanno andare le lame finchè non si forma una pallottola, la si trasferisce sul piano di lavoro e la si lavora un poco con le mani (potrebbe non essere necessario se fosse già omogenea).
La si avvolge nella pellicola e si lascia riposare almeno mezzora in frigo.
Si stende molto bene, è elastica e morbida al punto giusto.

Quiche allo speck e zucchine
Una dose di parmesan crust e una tortiera diametro 22
100 gr speck a fettine
2 uova intere
100 ml di panna liquida fresca
1 zucchina piccola

Si stende la parmesan crust nella tortiera in uno strato non sottile (circa 1/2 cm)
La pasta rimanente la si rimette in frigo sennò ammorbidisce troppo.
Si bucherella il fondo con i rebbi di una forchetta.
Si sbattono leggermente le uova con la panna, non salare perchè lo speck è abbastanza saporito.
Intanto si taglia per il lungo la zucchine con la mandolina a fette sottili e le si mettono a insaporire spennellandole con poco olio, sale e timo (anche secco se non c'è quello fresco).
Sul fondo della tortiera si versa un pò del composto di uova e panna, si adagiano le fette di speck in modo che coprano tutto il fondo, poi si versa tutto il rimanente di uova e panna.
Infine le fettine di zucchina incrociandole a mò di grata.
Con l'avanzo di impasto si ritagliano delle forme e si mettono qui e là artisticamente (cioè NON come ho fatto io...) per decorare un pò il bordo.
Si spennella tutta la superficie con un poco di rosso d'uovo sbattuto con poco latte e si inforna a 180° per circa 20 minuti o finchè il sopra è dorato.
Buona fredda, ottima il giorno dopo.
Si presta benissimo anche alla congelazione, basta lasciarla ancora congelata per almeno 20, 25 minuti in forno a 180°.
Garantito.

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giovedì 25 dicembre 2008

Menù della Vigilia 2: Bread and butter recycle pudding


E io mi prendo per tempo: invece di aspettare che i panettoni avanzino, li riciclo subito.
Non impazzisco per i panettoni, mentre invece apprezzo molto il pandoro anche "nature", solo scaldato e con una semplice spolverata di zucchero a velo.
Ho riesumato una ricetta nella quale andrebbe usato il pan brioche, quello morbido, fragrante, odoroso di burro (ecco perchè il "bread and butter").
Le fette di panettone, a sorpresa, hanno dato il meglio di loro in questo "riciclo-anticipato".
Questo pudding ha tenuto alto l'onore dei dolci di Natale di casa mia, si, bisogna proprio dirlo.
La ricetta è liberamente tratta da quella pubblicata qualche tempo fa dal Cavoletto, ho alleggerito un pò di panna, tolto qualche uovo ed aggiunto la cioccolata a pezzetti.

Bread and butter recycle pudding
3 uova
200 ml panna liquida
300 ml latte
100 gr cioccolata fondente al 70%
120 gr zucchero
fette di panettone (o pandoro, ma non ditemelo sennò ci resto male)

Si mette a scaldare la panna con il latte fino a portare all'ebollizione.
A parte si sbattono le uova intere con lo zucchero finchè montano leggermente.
Versare a filo il composto di latte e panna sulle uova, mescolare e poi rimettere tutto sul fuoco sempre mescolando finchè non addensa un poco.
In una pirofila disporre un primo strato di fette (sottili) di panettone e poi una manciata di cioccolata spezzettata, poi un pò della crema di uova e latte.
Poi fette di panettone, cioccolata e crema, ancora fette, cioccolata e versare tutta la crema rimasta.
Fare riposare per circa 15, 20 minuti, così la crema bagna per bene il panettone e poi infornare a 160° per un'ora.
Si sforna e si lascia riposare (non in frigo) per almeno una notte.

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Menù della Vigilia: oggi come ieri

A Roma, si sa, si festeggia la Vigilia di Natale.
La giornata del 24 trascorreva frenetica, affannata e nervosa.
L'acme veniva raggiunto con l'apparecchiatura della tavola nel tardo pomeriggio: le prolughe per allungare il tavolo, la solita delicata tovaglia rossa con il bordo a-jour e qualche altro ricamino strategico aggiunto negli anni qua e là per camuffare i buchi della cenere di sigarette di commensali distratti, i piatti ginori con il filetto dorato e i fiorellini rosa, i fragili bicchieri a stelo lungo, il tutto condito dalle urla di mia nonna, condottiera irritata di una nave in balia dei gorghi della bufera dei preparativi.
E tutto era venuto male: il sugo senza sale, il pesce di tonno e patate troppo molle, il pangiallo troppo croccante, nulla era sufficiente a calmare le sue paranoie da cuoca stressata, recitate in una sorta di litania scaramantica.
Nonostante le nuore a dieta e noi nipoti schizzinosi, la cena della Vigilia era sempre un successone, decretato all'unanimità da tutti.
Di quel lungo elenco di pietanze non ho ricette.
Ma le papille gustative ricordano.



Gamberetti in salsa rosa, spaghetti col sugo di tonno e pomodoro, carciofi fritti in pastella, niente di nuovo sul fronte culinario.
Ma i miei ricordi si alimentano anche di questo.
Ed è bello pensare che, nel tempo, le emozioni non sono mai uguali a se stesse anche se per le stesse cose.

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Auguri affettuosi e pelosi....



Ovviamente i due mici grandi hanno snobbato la posa, lavativi che non sono altro...

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mercoledì 24 dicembre 2008

Un tranquillo pomeriggio di Vigilia con Garcìa Màrquez e la cioccolata calda.

Una vigilia strana.
Senza affanno.
Senza acqua alla gola.
Senza gli "oddio devo cucinare/stanno per arrivare/devo apparecchiare/che palle il Natale" (barrare la frase preferita).
La spesa già fatta da giorni.
Le ore che scorrono tranquille.
Siamo solo noi tre questo Natale, non siamo andati da nessuno e nessuno è venuto da noi.
Un Natale egoista senza rimpianti o rimorsi, un pò subìto, un pò voluto.
Ho già incartato tutti i regali e nascosti in angoli reconditi della casa.
Il sugo col tonno è pronto.
Bollito per domani fatto.
Code di gambero ben allineate nel loro piattino e la salsa rosa coperta da pellicola.
Carciofi puliti in attesa del tuffo nella pastella freddissima.
Il bread&butter pudding è in forno.
Ahi, il salmone marinato non è ancora pronto, pazienza, sarà per il "giornodopoNatale".
E in televisione un film, "L'amore ai tempi del colera".
Ma non mi bastano le immagini preconfezionate, voglio ritrovare quelle mie fantasticate mentre sfogliavo le pagine del libro.
Volo su in mansarda davanti alla libreria in cerca.
Eccolo, trovato.
E mi ritrovo a passare un'antivigilia di Natale strana e quasi struggente, immersa in paesaggi e parole che nulla hanno a che fare con il mio presente.
Mi scuoto solo per preparare una bella cioccolata calda.
E urlo dalla cucina "Dai, venite, facciamo merenda"....



Cioccolata calda in tazza
ricetta di PastryChef di Coquinaria
cito le sue testuali parole:
per 4 persone
1/2 l latte fresco intero

Per il 'preparato' tipo Ciob..
100 g cioccolato fondente al 50% grattugiato
50 g zucchero semolato
30 g cacao amaro in polvere
12 g fecola di patate

Procedimento
Partire con il 'preparato'. Grattugiare il cioccolato (mi raccomando è importante che sia grattugiato), quindi unirvi lo zucchero ed il cacao setacciato con la fecola. Volendo, dare una breve passata al mixer (oppure con una frusta asciutta) per omogeneizzare il tutto. Portare ad ebollizione il latte. Versarvi il preparato (sono 190 g di prodotto complessivi, sufficienti per 500 ml di latte) e stemperare mescolando brevemente con una frusta. Quindi portare nuovamente ad ebollizione, mescolando continuamente con una spatola idonea al contatto col calore. Appena si alza nuovamente il bollore, lasciare ancora 1-2 minuti, quindi allontanare dal fuoco e servire subito. Io l'ho servita con panna montata aromatizzata alla nocciola (cioé 200 ml di panna fresca montata con poco zucchero o anche senza, alla quale ho aggiunto un cucchiaio di pasta nocciola).

Piccola confessione: ho usato della panna montata spray perchè la panna quella fresca è andata tutta nel bread & butter pudding. Eddai, è Natale.... :)

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domenica 21 dicembre 2008

Mamma, dimmi la verità, Babbo Natale esiste?



Due occhioni che ti guardano tra il sospettoso e il supplichevole, nell'ansia di non volere sentire "quella" risposta.
"Mamma, i miei amici dicono che Babbo Natale non esiste, ma io non ci credo..dimmi la verità".
E tu ti senti in quel momento sospesa, in bilico tra sogno e crudezza, incerta se spezzare quella sottile ragnatela dorata di emozioni e sensazioni e racconti che per nove anni hai intessuto attorno a lui.
Si, è vero, ha nove anni ormai diventa grandicello, però...
In un secondo ho pensato all'attesa di Babbo Natale, le renne, il piattino con latte e biscotti che lasciamo ogni 24 sera davanti alla finestra della mansarda e che poi di notte vado in punta di piedi a svuotare e a sbocconcellare per simulare il passaggio del signore panciuto e rossovestito, la sorpresa letta nei suoi occhi alla mattina nello scoprire i doni...
No.
Non sono pronta a lasciare tutto questo.
Non sono pronta a rinunciare alla magia.
Ne ho diritto anch'io, ne ha diritto anche quella bimba dentro di me che troppo presto ha scoperto che Babbo Natale non esisteva.
E che anche altre cose non esistevano, ma questa è un'altra storia.
E poi me lo chiedono i suoi occhi.
Mi stanno dicendo: "Mamma, dimmi che posso ancora sognare, che sono ancora un bimbo, che posso, se voglio, ancora rifugiarmi tra le tue braccia senza sentirmi ridicolo".
E così rispondo con calma: "Ma tu hai piacere a pensare che Babbo Natale esiste? Io ho piacere a pensare che esista, quindi per me esiste".
Il mio piccolo Uomo di nove anni, a sentire questa risposta, si illumina tutto e mi dice "Lo sapevo che esisteva, lo sapevo... i miei amici dicono che non esiste perchè siccome sono stati cattivi, Lui non gli porterebbe neanche un regalo e allora glieli prendono i genitori per farli contenti lo stesso... Ah, lo sapevo che non era vero come dicevano loro, io non vi ho mai visti a te e papà con dei regali di Natale per me..e poi, io, io, ecco, io l'ho sentito a Babbo Natale...".
E segue dettagliato e fantasioso racconto di "quella notte che ho sentito lo scalpiccìo delle renne etc etc.."
Piccolo mio, ti voglio bene.
Ci sarà il tempo in cui non vorrai coccole e baci perchè "mamma, sono grande", ci saranno i rifiuti e i "voi non potete capire"..
Ci saranno le prove della vita nelle quali io ti starò accanto senza potere fare molto di più che esserci.
Ma, per il momento, Babbo Natale esiste e tu sei ancora il Mio Piccolo.

P.S. A proposito, Babbo Natale ha già scritto una lettera che verrà recapitata la notte di Natale insieme ai doni nella quale spiega che, dato che i bimbi son tanti e i bimbi piccoli piccoli non possono leggere mentre lui invece ha nove anni e quindi può leggere questa lettera, dal prossimo Natale vengono delegati mamma e papà a prendere i doni per il loro bimbo sotto la Sua diretta supervisione e approvazione e alle condizioni che si sia stati bravi per tutto l'anno.
Con ciò si salva capra e cavoli.

Invece io già so che a me Babbo Natale non porterà nessun regalo perchè non ho fatto la brava.
Infatti, nonostante ricette e ricettuzze copiate, studiate e desiderate, non ho fatto biscotti nè altro.
Per dei pensierini beneaugurali ho preparato solo questi alberelli di frolla che finiranno incartati nel cellophane e con un bel fiocchetto.

Alberelli di frolla al matcha

Per 8 alberelli
150 gr farina 00
50 gr semola di grano duro
2 cucchiaini di matcha (più due gocce di colorante verde per intensificare il colore)
100 gr burro
2 tuorli
80 gr zucchero
1 cucchiaino di estratto di vaniglia

Preparare la frolla, avvolgerla nella pellicola trasparente e farla riposare in frigo per una mezzora.
Poi stenderla ad altezza mezzo centimetro e tagliare con degli stampi a forma di stella di misura decrescente delle stelline di 5 misure.
Mettere nella teglia foderata di carta forno, far riposare una mezzora in frigo (così la frolla non si deforma troppo in cottura).
Infornare nel forno già caldo a 180° per circa 10, 15 minuti, non devono colorire (infatti i miei sono cotti leggermente troppo, si vede dal bordo inferiore).
Lasciare raffreddare completamente prima di maneggiarli.
Si possono conservare in una scatola di latta a chiusura ermetica anche per due settimane.
Per montare gli alberelli, basta sovrappore le stelline sfalsandone le punte, e incollarle con un pò di glassa.
Poi colare un pò di glassa sopra come se fosse neve e poi delle palline argentate di qui e di là.

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giovedì 18 dicembre 2008

Ma quanto è buona l'arancia col cioccolato e la cannella?...Torta velocissima all'arancia

Orbene, io adoro l'arancia in abbinamento con il cioccolato.
E' anche più buono dell'accostamento fragole-cioccolato che peraltro apprezzo assai assai.
Se poi aggiungiamo anche un abbondante pizzico di cannella, beh, io vado in deliquio.
Mi sa di pomeriggi d'inverno, di casa calda coi vetri appannati per l'umido della pioggia, di calzettoni di lana e plaid sulle ginocchia, di tempo che passa senza rimorsi, di cose care pensate con dolcezza, un sorriso e una punta di malinconia.



La torta all'arancia più veloce del mondo, dove si frulla tutto insieme, si versa e si cuoce.
Io non ho pazienza e quando una silfide francese e biondocrinuta qualche tempo fa presentò questa torta su skygamberorosso, decisi all'istante che sarebbe stata la Mia Torta all'Arancia e, cosa strana, annotai anche tutta la ricetta per benino su un bloc-notes....
Per la verità, la seconda cosa che decisi dopo aver visto quel programma era che la silfide francese e biondocrinuta non poteva mangiare per davvero tutto quel cibo che preparava e presentava assaggiandolo con gusto, perchè sennò di certo così silfide non sarebbe rimasta, ma, tant'è, quella è tv, mica la vita vera.
Non divaghiamo su cicce e rotoli, torniamo alla torta.
Dopo averla provata nella versione quale risultava dal mio bloc-notes ho deciso tre cose fondamentali.
Servono arance biologiche.
Non serve tutto lo zucchero della ricetta originale.
Ci sta bene una copertura di cioccolato fondente.
Detto questo, passiamo alla ricetta rielaborata dalla sottoscritta.
Difficile, eh, attenzione....

Torta superveloce all'arancia

3 arance bio medie (circa 450 gr , mi raccomando quelle con la buccia sottile)
20 ml olio di riso
220 gr zucchero semolato
1 bustina lievito per dolci
150 gr farina 00
4 uova intere
un cucchiaino colmo di cannella in polvere

Frullare le arance senza sbucciarle e tagliate a quarti nel mixer, poi aggiungere l'olio e continuare a frullare finchè le arance diventino una crema, senza pezzi troppo grossi.
Poi aggiungere lo zucchero, la farina, la cannella e il lievito setacciati e continuare a frullare per amalgamare e poi un uovo alla volta finchè il tutto si trasforma in un composto dalla consistenza abbastanza morbida, quasi liquida.
Versarlo in una teglia foderata di carta forno (se rotonda, diametro cm 26, se rettangolare, formato A4).
Infornare nel forno già caldo a 180 per circa 30 minuti, trascorso questo tempo fare la prova stecchino altrimenti rimettere in forno per un altro poco (nel mio forno balengo a gas, ad esempio, cuoce in 40').
Far raffreddare prima di sformare.
Poi preparare una ganache con 170 gr di cioccolato fondente e 120 gr di panna e versarla sopra facendola solidificare in luogo chiuso (oppure in frigo se si va di corsa)
Se si preferisce la versione "quadrotto" allora conviene tagliare la torta in quadrotti e poi capovolgerli e appoggiare la superficie superiore sulla ganache e poi rigirarli per far asciugare la glassatura soopra una gratella.

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mercoledì 17 dicembre 2008

Facciamoci un regalo...



Facciamolo prima a noi stessi che ad altri: regaliamoci un pò di amore.
Quello di due occhi che ti guardano incerti porgendoti una manina.
Quello di un sospiro lieve sul braccio di una donna.
Quello di capelli arruffati e nasini che colano.
Ma anche di un volto rugoso ed una voce sdentata che racconta ricordi di vite fa.
O di un paio di occhi appannati che non vedono, non vogliono vedere il presente.
Non solo da paesi lontani ma anche dietro l'angolo di casa nostra.
Se si comincia a pensare a quanti hanno bisogno, il cuore ha un sobbalzo perchè l'elenco non finisce mai, eppure iniziamo.
Iniziamo dalla cosa più semplice, quella che ci viene più spontanea, ma iniziamo.
Che sia comprare cibo per questa iniziativa, che sia un'adozione a distanza, che sia una donazione, che sia un'ora di compagnia, basta che sia.
E qualsiasi cosa sia, sarà il regalo più grande che faremo a noi stessi.
Senza fiocchi nè nastri, solo amore.
Per tutto l'anno.

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domenica 14 dicembre 2008

Un "deja-vu" rimaneggiato: Ravioloni alla ricotta con crema di barbabietola e semi di papavero



Tutto già visto, i ravioli alla ricotta, il rosso della barbabietola, i puntini neri dei semini di papavero.
Echi dolomitici, sapori invernali, nonostante la ricotta.
Eppure... il trucco c'è.
La sfoglia dei ravioli è senza uovo, fatti con l'impasto degli gnocchi sciuè sciuè di Nanninella di Coquinaria.
Mi piace molto il sapore rustico, la consistenza grossa eppure morbida di questo tipo di impasto.
Si presta bene a fare pasta ripiena, però la sfoglia va stesa a mano, niente macchinetta a rullo, l'ultima volta che ci ho provato ho poi passato una serata intera a pulire dall'appiccicaticcio rulli, tacche, manovella, piano di lavoro e me stessa.
Quindi, olio di gomito, giravolta di mattarello, farina a più non posso e relax all'ennesima potenza con la stesa della sfoglia.
Invidiabile.

Ravioloni alla ricotta con crema di barbabietole e semi di papavero

per circa 20 ravioli grandi (diametro circa 5 cm)

Impasto sciuè sciuè
200 gr farina 00
200 gr acqua

Ripieno
300 gr ricotta
3 cucchiaiate di parmigiano grattugiato

Crema di barbabietola
1 cipolla bianca media
3 barbabietole medie già lessate
olio extravergine

Condimento finale
burro fuso
semi di papavero

Si mette a scaldare l'acqua in una pentola abbastanza larga, quando inizia a bollire si toglie dal fuoco e si versa tutta la farina in un colpo solo mescolando perchè si amalgami all'acqua.
Una volta amalgamato il tutto, si versa sul piano di lavoro infarinato abbondantemente, e si inizia a impastare (attenzione che è caldo, man mano che si lavora, l'impasto si raffredderà) aggiungendo altra farina finchè non incolla più.
Quando l'impasto è omogeneo e non è più appiccicaticcio, allora si avvolge nella pellicola e si lascia riposare per una mezzora.
Nel frattempo in una ciotola si lavora la ricotta con una forchetta aggiungendo il parmigiano finchè diventa una crema.
Si riprende l'impasto e, infarinando spesso e abbondantemente il piano di lavoro con della semola di grano duro, si stende in una sfoglia sottile; attenzione che non si riuscirà a tirare sottile come la sfoglia all'uovo perchè questa tende a stracciarsi, ma, insomma, sottile finchè ci si riesce.
Si deposita su una metà della sfoglia a intervalli regolari un cucchiaino di impasto di ricotta (calcolare i margini del taglio), poi si ripiega la parte di sfoglia vuota e si preme leggermente con un piccolo coppapasta (diametro cm 2,5) il "tondo" di ripieno così da far uscire l'aria.
Poi si preme tutto intorno con la punta delle dita per attaccare i due strati di pasta, infine si taglia con un coppapasta (diametro cm.5,5) il raviolone mettendoli poi tutti ad asciugare distesi non sovrapposti su un vassoio ben spolverato di semola.
Si possono anche congelare.
Per la crema si taglia la cipolla a fettine sottili, un goccio d'olio in un tegame basso e largo e poi si aggiunge la barbabietola tagliata a cubettini.
Si fa cuocere a fuoco basso salando dopo un poco, mescolando ogni tanto e tenendo coperto finchè la cipolla e la barbabietola non si ammorbidiscono.
Si frulla con il minipimer.
Si cuociono i ravioloni in abbondante acqua salata bollente e con un goccio d'olio.
Sono cotti dopo due, tre minuti che sono affiorati dal fondo.
Si scolano bene, si mettono sopra il piatto con due, tre cucchiaiate di crema di barbabietola, si versa un pò di burro fuso e una spolveratina di semi di papavero.

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giovedì 11 dicembre 2008

Lucky ed un piatto "trompe-l'oeil": panna cotta al gorgonzola con marmellata di fichi al marsala

Un piatto che sembra dolce e non lo è.
E un cucciolo, Lucky, che sembra dolce e infatti lo è, e tanto anche, a giudicare dagli occhioni.
Leggete qui e aiutiamolo a trovare un padrone che lo meriti.



Perfetto come antipasto o come bocconcino in un buffet, ovviamente in proporzioni più piccole di questa.

Panna cotta al gorgonzola con marmellata di fichi al marsala

Per 6 stampini a piramide di silicone base 7x7
400 ml di panna liquida fresca
200 gr gorgonzola dolce
150 gr gorgonzola piccante
mezzo cucchiaino di agar agar
marmellata di fichi (meglio se fatta in casa)
marsala (anche il madera ci starebbe da dio ma non ce l'avevo)

In un pentolino sciogliere, lontano dal fuoco, l'agar agar con pochissima panna, poi si aggiunge il resto della panna mescolando per amalgamare l'agar agar senza fargli fare grumi.
Si inizia a scaldare a fuoco basso mescolando per non far attaccare e si porta all'ebollizione sempre mescolando.
Bisogna far bollire per qualche istante altrimenti l'agar agar non addensa.
Poi aggiungere fuori dal fuoco i due tipi di gorgonzola tagliati a cubetti, rimettere sul fuoco e mescolare sempre a fuoco basso finchè il formaggio non è sciolto.
Colare negli stampi.
Far raffreddare e poi mettere in frigo.
Quando è il momento di servire, sformare le piramidine e servirle con la marmellata di fichi sciolta in un pentolino e diluita con il marsala (o madera o porto) e delle noci sbriciolate.

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lunedì 8 dicembre 2008

Ricordi estivi: mezze maniche al pomodoro, origano e bufala



Odore di sole al tramonto, di vento caldo che va via per lasciare il posto alla brezza notturna.
Profumo d'erba secca e in alto le stelle nel cielo puro senza riflessi di luce cittadina.
In lontananza il vociare del paese, a tratti più forte, poi sparisce: segue il vento.
Il campanile batte le ore ed i quarti e fa compagnia.
In veranda c'è il tavolo apparecchiato con i piatti di carta e la forchetta sopra ad evitare che volino.
In cucina bolle l'acqua.
Ma c'è tempo.
In vacanza è bello lasciarsi scorrere addosso le ore senza ansia.
Mi alzo lentamente dalla panca, lasciando il libro aperto.
Gli altri sono seduti, chi legge un libro, chi Topolino.
Ci avvolgiamo in uno sguardo che significa "mamma, ho fame" "dai che ci penso io dopo a sparecchiare" "tranquilli, tra poco si mangia".
Ma non diciamo nulla.
I gesti sono lenti, rilassati.
In vacanza mi piace pensare che tutto sia come già successo e nuovo al tempo stesso.
Questo lento succedersi di piccole cose mi piace, mi riposa la mente.
Mi sento padrona del mio tempo anche non facendo nulla, è una sensazione che solo in vacanza riesco a percepire pienamente.
Vado in cucina, una cucina spartana rispetto a quella mia di città ma che importa, in vacanza anche cucinare nella quotidianità è lieve e senza peso.
Taglio i pomodori a quarti e li salto nel padellino con un goccio d'olio e dell'aglio tagliato fino.
I dadini di mozzarella sono nello scolapasta a sgocciolare.
La pasta cuoce, assaggio, è pronta.
Scolo, metto nella scodella, aggiungo i pomodori, la mozzarella e una spolverata di origano, si, stasera mi va l'origano al posto del basilico.
Un goccio d'olio a crudo.
Ecco qui, tutti a tavola.

Quanto vorrei fosse già vacanza.

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